Come hai gli occhi più neri…così neri:
due nere notti che stanno in agguato
sopra i miei sensi, sopra i miei pensieri.
“Tu mandali a dormire i tuoi pensieri,
devi ascoltare i sensi solamente;
sarà un combattimento di guerrieri:
combatterà il tuo corpo e non la mente…”
Ho paura di te: sei così bello!
Non affogarmi in notti tanto nere
se prima non mi apri nel cervello
la porta che resiste del piacere.
“La porta del piacere…eccola, è qui.”
Quella del tuo, sicuramente, si.
“Chi ti apre il cervello?dimmi, chi?”
Chi lo sa aprire…Piano…sì, così…
Baciami; dammi cento baci, e mille:
cento per ogni bacio che si estingue,
e mille da succhiare le tonsille,
da avere in bocca un’anima e due lingue.
Oh sì, accarezza dolcemente, sfiora,
ma minaccia ogni furia e ogni violenza;
lentamente…non dentro, non ancora…
portami a poco a poco all’incoscienza.
“Maledetta, luttuosa fantasia
che esige un cuore mite e anche feroce…”
Fingi di averlo e levamela via:
io voglio che mi avvolga la tua voce.
Queste sono le prime sette delle Cento quartine della poetessa Patrizia Valduga. Cento quartine che si sviluppano nell’arco di tempo reale di un incontro d’amore tra un uomo e una donna.
I pensieri della donna si alternano alle parole dell’uomo, che nel testo appaiono virgolettate. Mentre il linguaggio della donna è espresso tramite il suo pensiero, quello dell’uomo è la parola esplicita.
Le quartine mettono in evidenza quanta differenza e quanta lontananza ci sia tra il coinvolgimento amoroso di una donna e quello di un uomo. Mentre nella donna anima e corpo si fondono dando vita al linguaggio poetico, il linguaggio dell’uomo, concentrato essenzialmente sul piacere, è ruvido, quasi volgare. Più che un incontro sembra uno scontro, una battaglia senza esclusione di colpi (e forse anche con alcuni colpi bassi...).
L'andatura delle quartine segue il ritmo dell'amplesso amoroso: dall'esplorazione iniziale dei corpi (e della mente) alla liberatoria esplosione del finale.