venerdì 15 febbraio 2008

Mi soledad sin descanso



Romance del Emplazado

Para Emilio Aladrén

¡Mi soledad sin descanso!
Ojos chicos de mi cuerpo
y grandes de mi caballo,
no se cierran por la noche
ni miran al otro lado
donde se aleja tranquilo
un sueño de trece barcos.
Sino que, limpios y duros
escuderos desvelados,
mis ojos miran un norte
de metales y peñascos
donde mi cuerpo sin venas
consulta naipes helados.

*

Los densos bueyes del agua
embisten a los muchachos
que se bañan en las lunas
de sus cuernos ondulados.
y los martillos cantaban
sobre los yunques sonámbulos,
el insomnio del jinete
y el insomnio del caballo.

*

El veinticinco de junio
le dijeron a el Amargo:
Ya puedes cortar, si gustas,
las adelfas de tu patio.
Pinta una cruz en la puerta
y pon tu nombre debajo,
porque cicutas y ortigas
nacerán en tu costado,
y agujas de cal mojada
te morderán los zapatos.
Será de noche, en lo oscuro,
por los montes imantados,
donde los bueyes del agua
beben los juncos soñando.
Pide luces y campanas.
Aprende a cruzar las manos,
y gusta los aires fríos
de metales y peñascos.
Porque dentro de dos meses
yacerás amortajado.

*

Espadón de nebulosa
mueve en el aire Santiago.
Grave silencio, de espalda,
manaba el cielo combado.

*

El veinticinco de junio
abrió sus ojos Amargo,
y el veinticinco de agosto
se tendió para cerrarlos.
Hombres bajaban la calle
para ver al amplazado
que fijaba sobre el muro
su soledad con descanso
Y la sábana implacable,
de duro acento romano,
daba equilibrio a la muerte
con las rectas de sus paños


************************


Solitudine mia senza riposo!
Occhi piccoli del mio corpo
e grandi del mio cavallo
non si chiudono con la notte
né guardano dalla parte
da cui si allontana tranquillo
un sogno di tredici barche.
Ma chiari e duri
vigili scudieri,
i miei occhi mirano un punto
di metalli e di rupi,
dove il mio corpo senza vene
consulta carte gelate.

*

I grandi buoi dell’acqua
investono i ragazzi
che si bagnano nelle lune
delle loro corna arcuate.
E i martelli cantavano
sulle incudini sonnambule
l’insonnia del cavaliere
e l’insonnia del cavallo.

*

Il venticinque di giugno
dissero all’Amargo:
puoi tagliare se vuoi
gli oleandri del tuo cortile.
Dipingi una croce sulla porta
e scrivici sotto il tuo nome,
perché cicute e ortiche
nasceranno dal tuo costato,
e aghi di calce bagnata
ti morderanno le scarpe.
Avverrà al buio, di notte
sui monti calamitati
dove i buoi dell’acqua
bevono giunchi sognando.
Chiedi luci e campane.
Impara a incrociare le mani
e assaggia i venti freddi
di metalli e di rupi
perché tra due mesi
giacerai nel sudario.

*

Grande spada nebulosa
agita in aria Santiago.
Silenzio grave
stillava il cielo curvo.

*

Il venticinque di giugno
aprì gli occhi Amargo
e il venticinque d’agosto
si coricò per chiuderli.
Uomini scendevano la strada
per vedere il convenuto
che fissava sopra il muro
la sua solitudine in riposo.
E il lenzuolo impeccabile,
di duro accento romano,
equilibrava la morte
con le pieghe della sua tela.

Il grande Camaron de la Isla, favoloso cantaor flamenco morto ancora giovane nel 1992, interpreta magistralmente questa struggente lirica di Federico Garcia Lorca, “Romance del emplazado”, tratta dal Romancero gitano (cliccate qui per sentirla, purtroppo su Youtube non c'è nessun video), accompagnato alla chitarra dal grande Tomatito. Il testo della canzone è quello evidenziato in rosso e il titolo è Romance del Amargo. La interpreta su un ritmo di soleá por bulerías, chi mastica un po’ di flamenco sa di cosa sto parlando. Lasciatevi trasportare dalla sua potente voce, sentirete dei brividi percorrere la pelle.

Federico Garcia Lorca scrive il Romancero gitano nel 1928. Si tratta di un’opera composta da 15 liriche più tre romance di carattere storico.

Il personaggio principale è la pena, che non è nostalgia e nemmeno malinconia, ma “lotta dell’intelligenza amorosa con il mistero che la circonda e non la comprende”. Il gitano rappresenta il conflitto della vita: il singolo che cerca di affermare la sua individualità di fronte al mondo, da cui nasce il suo tragico destino.

Il gitano simboleggia il conflitto tra primitivismo e civilizzazione, tra istinto e ragione. Il gitano rappresenta gli impulsi naturali, la spontaneità: è il prototipo dell’uomo libero, in lotta con le forze che rappresentano la coazione e la repressione (la Guardia Civil). Il mondo del gitano è un mondo instabile, di sogno (“juego de luna y arena”, gioco di luna e arena), il mondo del desiderio che si dibatte tra la vita e la morte.
Il gitano finisce per soccombere al suo tragico destino, dal quale non può fuggire.

Amore e morte si intrecciano.

Lorca fa largo uso di simboli nei suoi versi. La luna rappresenta la morte e la pietrificazione; il vento è il simbolo erotico maschile; il pozzo è l’espressione della passione sospesa, senza via d’uscita; il colore verde è il desiderio proibito che conduce alla frustrazione e alla sterilità; la figura del cavallo rappresenta la passione sfrenata che conduce alla morte; lo specchio è il focolare e la vita sedentaria. Rappresentazioni metaforiche dello specchio sono a volte gli occhi, e la luna come grande specchio nel quale si riflette il mondo. Le tredici barche sono segno di malaugurio.

2 commenti:

Tanquetil ha detto...

Mi soledad sin descanso..belli questi versi..è vero..rappresentano l'anima che non trova riposo, l'anima che è "alla ricerca" di una propria identità, di una propria originalità in un mondo globalizzato; dove non c'è posto per la sensazione, per l'emozione, per la quieta ricerca di sè nelle sensazioni belle che un essere umano prova anche nelle cose semplici, come guardare una montagna in una nitida giornata d'estate e godere e sentirsi parte positiva del creato

Anonimo ha detto...

che meraviglia!!!
fatti un giro qui, io mi sono iscritta... se lo fai anche tu però sappi che ti ariverà la email di accettazione non in meno di una ventina di giorni.
ma qui puoi trovare davvero di tutto sul flamenco, soleà de bulerìa... ed è un bell'ambiente.
un beso!

http://www.pacodelucia.org/foro/aqui-vf1.html