E' arrivato davvero l'autunno ed è tempo di ricominciare.
We move through miracle days
Spirit moves in mysterious ways
She moves with it
She moves with it
Lift my days, light up my nights
E' arrivato davvero l'autunno ed è tempo di ricominciare.
We move through miracle days
Spirit moves in mysterious ways
She moves with it
She moves with it
Lift my days, light up my nights
Oltre il cielo
Su lontani cammini
Attraverserò le porte del buio
Per nuove luci
Nella valle della dimenticanza
Nei campi del fuoco
Ho bevuto il vino della solitudine
Per lunghe stagioni
Racconterò le favole delle nuvole
Per dormire 1000 anni
Griderò la mia nostalgia alle stelle
Per risvegliarmi al loro chiarore
Oh vita seguirò solitaria la tua eco
Per poterne cantare i segreti
E alla fine della terra
Raccoglierò un fiore dimenticato
Dal silenzio delle parole
Dalle spighe di grano
Riprenderà il colore la cenere
Ed i miei occhi torneranno ad amare di nuovo
La sevillana è un ballo popolare e di festa. Si balla in piazza di solito durante le feste in tutta l’Andalusia, soprattutto durante la “Feria de Abril” a Siviglia, e la ballano proprio tutti, anziani, giovani, bambini, tutti vestiti a festa con gli abiti tradizionali (quello della bailaora ne è un tipico esempio).
Per chi ha pazienza e vuole conoscerne i dettagli (e legge in spagnolo o inglese) rimando a questo link.
Questo brano è tratto da un altro film di Carlos Saura, “Sevillanas”.
Questa sevillana mi ha sempre mosso qualcosa dentro. E’ così “perfetta” e pulita nei movimenti che si direbbe perfino troppo “ordinata” per suscitare emozioni. Eppure il canto, la pulizia del ballo, la grazia degli incroci e dei lievi abbracci, gli scambi di sguardi tra i due ballerini la rendono a mio avviso leggera e sensuale.
Oggi è una giornata strana, iniziata con il sole e un cielo limpidissimo e a metà giornata sfociata in un violento temporale.
Questo mutare del tempo rimescola i sentimenti, li attorciglia e li avviluppa.
Come questa petenera di José Menese tratta dal bellissimo film “Flamenco” di Carlos Saura.
La petenera è uno dei palos del flamenco, cioè una delle varietà tradizionali del canto flamenco e che possono essere classificati secondo vari criteri: secondo il suo compas (la metrica musicale), la sua "jondura" (intraducibile, una specie di anima del flamenco), il carattere serio o di festa, la sua origine geografica.
La petenera si basa su una strofa di quattro versi ottosillabi che si convertono in sei o più per la ripetizione di alcuni versi e con l’aggiunta di un verso che si ripete (“Madre de mi corazón”).
I testi della petenera sono tristi e malinconici, trattano di storie sentimentali tormentate e difficili, e vengono interpretati in modo lento e coinvolgente, nonostante esistano versioni antiche con ritmi più rapidi e temi meno cupi.
Il testo di questa petenera recita così:
Sentenciado estoy a muerte
si me ven hablar contigo
ya pueden los matadores
¡madre de mi corazón!
ya pueden los matadores
a prevenir los cuchillos
Sentenciado estoy a muerte
si me ven hablar contigo
Nel frattempo ha smesso di piovere, forse la petenera esorcizza il maltempo e le tempeste.
When I was a young boy I tried to listen
And I wanna feel like that,
Little white shadows blink and miss them
Part of a system, I am
If you ever feel like something's missing
Things you'll never understand,
Little white shadows sparkle and glisten,
Part of a system, a plan
All this noise I'm waking up
All this space I'm taking up
All this sound is breaking up
Ooh oh ooh
Maybe you'll get what you wanted
Maybe you'll stumble upon it
Everything you ever wanted
In a permanent state
Maybe you'll know when you see it
Maybe if you say it you'll mean it
And when you find it you'll keep it
In a permanent state, a permanent state
When I was a young boy I tried to listen,
Don't you wanna feel like that?
You're part of the human race
All of the stars in the outer space,
Part of a system, a plan
All this noise I'm waking up
All this space I'm taking up
I cannot hear you're breaking up
Woaaooh
Maybe you'll get what you wanted
Maybe you'll stumble upon it
Everything you ever wanted
In a permanent state
Maybe you'll know when you see it
Maybe if you say it you'll mean it
And when you find it you'll keep it
In a permanent state, a permanent state
Swimmin' on a sea of faces
The tide of the human races, oh
An answer now is what I need
I see it in the new sun rising and
See it break on your horizon, oh
Come on love, stay with me
As your bony fingers close around me
Long and spindly
Death becomes me
Heaven can you see what I see
Hey you pale and sickly child
You're death and living reconciled
Been walking home a crooked mile
Paying debt to karma
You party for a living
What you take won't kill you
But careful what you're giving
There's no time for hesitating
Pain is ready, pain is waiting
Primed to do it's educating
Unwanted, uninvited kin
It creeps beneath your crawling skin
It lives without it lives within you
Feel the fever coming
You're shaking and twitching
You can scratch all over
But that won't stop you itching
Can you feel a little love
Can you feel a little love
Dream on dream on
Blame it on your karmic curse
Oh shame upon the universe
It knows its lines
It's well rehearsed
It sucked you in, it dragged you down
To where there is no hallowed ground
Where holiness is never found
Paying debt to karma
You party for a living
What you take won't kill you
But careful what you're giving
Can you feel a little love
Can you feel a little love
Dream on dream on
Sono finita nell’immobile. Un po’ perché per via di un ginocchio lesionato cammino male e poco volentieri e poi perché il mio lavoro ha subito una “impasse”. Come al solito nel magico mondo della politica le fortune vanno e vengono. Mi pare che in questo momento se ne siano proprio andate.
Come accade ormai da tempo, ci sono degli eventi da attendere. I tasselli sono incastonati tra loro, se non si sistema uno non si possono collocare gli altri. Conosco questo meccanismo da tempo ed è proprio per questo che non ho fiducia in quello che accadrà.
L’immobile è nella mia testa, prima che nel mio fisico.
Prima di finire ad impazzire del tutto, mi devo rimettere a scrivere. In fondo anche scrivere di questo immobilismo può essere “raccontare un’avventura”. Un’avventura immobile.
Ho cambiato ufficio da due giorni.
Mi guardo intorno cercando di prendere le misure. Cerco di ricreare quelle confortanti stampelle che si chiamano "abitudini". Per ora queste riguardano solamente il rito del caffè la mattina e il pranzo. Mi sento spaesata, come stessi camminando sulla luna.
L’assenza di impegni pressanti rende questo soggiorno poco interessante. O almeno così è apparentemente.
Ma poi, è proprio vero che sono immobile?